C’è stato un tempo in cui la toga era una scelta di vita, non una carriera. Un tempo in cui la giustizia non cercava applausi né titoli sui giornali, ma verità e uguaglianza. Un tempo che oggi sembra svanire, ma che Luigi de Magistris prova a salvare dall’oblio con il suo nuovo libro: Giuseppe de Magistris – La magistratura rara (edito da Armando De Nigris Editore)
La presentazione si è tenuta in una delle librerie simbolo della cultura napoletana, la Feltrinelli di via Santa Caterina a Chiaia. Un incontro partecipato, emozionante, autentico. Con l’autore sono intervenuti il giornalista Dario Del Porto, il Procuratore Nazionale Antimafia Giovanni Melillo, l’avvocato Claudio Botti, e Antonio Bonajuto, già Presidente della Corte d’Appello di Napoli. Voci diverse ma unite nel riconoscere il valore profondo di un libro che è, prima di tutto, un atto d’amore verso una figura paterna e un atto d’accusa contro una deriva istituzionale.
Peppino de Magistris – come affettuosamente lo chiamavano amici e colleghi – non fu solo un magistrato rigoroso e imparziale. Fu un servitore dello Stato con la schiena dritta, capace di unire fermezza morale e umanità, rispetto delle regole e attenzione per le persone. Luigi, nel libro, ripercorre la storia di suo padre intrecciando ricordi personali a riflessioni civili, familiari a pubbliche, intime a universali. È il ritratto di un uomo che ha scelto la magistratura non per ambizione, ma per vocazione. Un uomo che non ha mai cercato compromessi, né applausi, né poltrone.
Nel suo libro, Luigi de Magistris parla di una magistratura “rara”: etica, credibile, indipendente. Una magistratura che sfidava il potere, invece di sedervi accanto. Una magistratura che si faceva garante della Costituzione, e non interprete di convenienze. Una generazione di magistrati che, pur tra mille difficoltà, era rassicurante per la Repubblica e per i cittadini. Figure autorevoli perché credibili, capaci di parlare poco e agire molto, senza spettacolarizzazioni né ambizioni di visibilità.
Questa frase – una delle più forti e significative del libro – racchiude l’essenza del pensiero di de Magistris. L’autorevolezza non si costruisce con titoli o nomine, ma con l’esempio, il coraggio, l’umiltà, l’ascolto. La toga deve essere un simbolo di responsabilità, non un mantello di privilegio. E il magistrato, prima ancora di essere un tecnico del diritto, deve essere un uomo o una donna giusti, capaci di leggere i volti, non solo i fascicoli. Perché, come si legge tra le pagine, “i cittadini non sono numeri, ma persone, ognuna con la propria storia”.
Luigi de Magistris accompagna il lettore in un viaggio personale e collettivo, fatto di aneddoti familiari, episodi professionali e riflessioni su ciò che la magistratura è stata, e su ciò che rischia di non essere più. Un libro che non indulge nella nostalgia, ma che denuncia, propone, chiama alla responsabilità. L’autore lo fa con la passione civile che lo ha sempre contraddistinto, ma anche con tenerezza, affetto, riconoscenza per un padre che è stato guida morale oltre che figura pubblica.
Il libro è anche un omaggio alla relazione, oggi spesso smarrita, tra magistratura e avvocatura, fondata su rispetto reciproco, senso del dovere e amore per il diritto. Un’epoca in cui il confronto tra le parti era schietto ma leale, perché animato da un comune senso della giustizia.
Il racconto si fa commovente quando de Magistris ricorda di aver giurato come Sindaco di Napoli proprio nel salone dove, da ragazzo, ammirava il lavoro del padre e ascoltava le conversazioni appassionate tra magistrati pieni di ideali. Quei momenti hanno formato la sua coscienza civile, hanno gettato le basi della sua visione della giustizia, del diritto, dello Stato.
In un passaggio toccante, cita Paolo Borsellino: “Aprire porte e finestre per fare uscire il puzzo del compromesso morale e fare entrare il fresco profumo di libertà”. Ed è proprio questa la direzione del libro: spalancare le finestre su una magistratura possibile, necessaria, desiderabile.
Giuseppe de Magistris – La magistratura rara è molto più di una biografia. È un manifesto civile, una dichiarazione d’intenti, una chiamata alle armi morali. È un libro che scuote, emoziona, interroga. E che lancia un messaggio chiaro: la giustizia, per essere tale, deve essere libera, autonoma, indipendente.
È un’immagine potente quella che emerge: la giustizia come presidio morale, come esercizio quotidiano di coraggio e di responsabilità.
L’incontro alla Feltrinelli è stato molto più di una semplice presentazione. È stato un momento di memoria condivisa, di riflessione collettiva, di riaffermazione di valori. Le parole finali di Luigi de Magistris sono risuonate come un impegno solenne: “Mi batterò sempre per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, perché senza di esse non può esistere uguaglianza tra i cittadini di fronte alla legge.”
Siamo solo sognatori abusivi Scampia ammaina la vela
ISBN 9791281105041
Il racconto parte da una cruda verità e da un’azione di cooperazione tra popolo e istituzioni, tutti coinvolti in un’impresa epica: l’abbattimento non solo della Vela Verde ma di uno stereotipo. Scampia è il simbolo del disinteresse politico e amministrativo, ma anche il luogo dove nasce e cresce l’esperienza del Comitato Vele di Scampia che, raccogliendo l’eredità di Vittorio Passeggio, diventa nel tempo un movimento di lotta per il lavoro e la casa a Napoli…
Questo testo racconta una storia di resilienza e collaborazione a Scampia, un quartiere spesso dimenticato dalle istituzioni. L’abbattimento della Vela Verde rappresenta non solo un cambiamento fisico, ma anche la distruzione di uno stereotipo negativo. Il Comitato Vele di Scampia, ispirato da Vittorio Passeggio, si batte per migliorare le condizioni di vita e di lavoro a Napoli. È incredibile come la comunità possa unirsi per un obiettivo comune. Quanto tempo ci vorrà per vedere un cambiamento significativo in tutta la città